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Meditazione spegne i pensieri nocivi

 

Lo dimostra la risonanza magnetica – L’azione si esercita su una sorta di motore interno automatico di pensieri che genera un continuo emergere di idee, ricordi, immagini, timori. Nelle persone allenate l’effetto prosegue anche dopo il momento dell’esercizio. Alcune pratiche di meditazione riescono a spegnere l’ attività di un’ area cerebrale responsabile dell’insorgere nella mente di ansietà e preoccupazioni sul futuro e dell’incapacità di concentrarsi semplicemente sul presente. Lo indica una ricerca pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences da parte di un gruppo di studiosi americani guidati dal professor Judson Brewer, del Department of Psychiatry della Yale University School of Medicine di New Haven. L’area cerebrale in questione è indicata da una sigla, Dmn, che sta per Default Mode Network. In pratica si tratta di una sorta di motore interno automatico di pensieri che genera quel continuo emergere nella mente di idee, ricordi, immagini, timori: insomma, tutto quello che spontaneamente affiora alla coscienza e che può andare a interferire con ciò che si starebbe facendo in quel momento. Questa attività è presente in circa la metà del tempo della veglia e può far affiorare spesso pensieri sgradevoli, sia provenienti dal passato sia proiettati nel futuro, e può contribuire a creare stati d’ ansia e di depressione.La ricerca ha dimostrato, tramite l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale del cervello, che persone esperte in alcune tecniche di meditazione riescono a smorzare l’attività delle aree cerebrali che fanno parte del Dmn, come la corteccia cingolata e la corteccia pre-frontale mediale. Non solo: rispetto a persone non esperte in queste tecniche, gli esperti hanno un’ attività del Dmn decisamente ridotta anche al di fuori dei periodi di meditazione, come se l’ allenamento trasferisse i suoi effetti al di là dei soli momenti di esercizio. Lo studio ha preso in esame tre diverse tecniche di meditazione, rispettivamente chiamate «Concentrazione», «Amare-gentilezza», «Consapevolezza senza scelta».La prima è una tecnica nella quale il soggetto si concentra sul respiro e, quando arrivano pensieri, si distoglie da essi gentilmente ma in maniera ferma; la seconda è una tecnica in cui il soggetto pensa attivamente a un momento in cui ha desiderato il bene di qualcuno e lo utilizza come modello per desiderare il bene degli altri; la terza è una tecnica in cui il soggetto presta attenzione a tutto quello che arriva momento per momento alla coscienza, senza tentare di modificarlo o di allontanarsene, finché non giunge spontaneamente un altro pensiero. I soggetti studiati sono stati dodici esperti in tali tecniche, confrontati per mezzo della risonanza magnetica funzionale con tredici volontari che non avevano alcuna esperienza di meditazione. Secondo il professor Brewer, oltre a gettare un’interessante luce sui meccanismi neurobiologici di alcune tecniche di meditazione, i risultati di questo studio aprirebbero possibili scenari nell’utilizzo della meditazione come trattamento per alcuni disturbi psichici nei quali sembra essere coinvolto il Dmn. Ad esempio, il cosiddetto disturbo da deficit di attenzione, per il quale già esistono alcune sperimentazioni che indicano come tecniche di meditazione potrebbero ridurre lo stato di disattenzione.

Diodoro Danilo