Botanica & Fitoterapia
ACHILLEA (Achillea millefolium)
E una pianta erbacea perenne della famiglia delle Asteraceae, ha radici a rizoma, presenta un fusto villoso, semplice o ramificato, foglioso, ascendente che può raggiungere gli 80 cm di altezza. Le foglie pelose hanno contorno lanceolato e lineare, hanno una disposizione alterna e presentano un lieve aroma canforato; quelle basali sono normalmente picciolate; mentre le foglie cauline sono sessili. I fiori sono bianchi o rosa, acheni biancastri. Ha un sapore agro, amaro e raccolti in corimbi capolini densi più o meno ampi. I frutti sono acheni, cresce nelle praterie, ai margini di viottoli e delle ferrovie, fino a 2500m.
Il nome le fu dato da Linneo e deriva dalla leggenda riportata da Plinio. Secondo quest'ultimo, l'eroe Achille impiegò la pianta durante l'assedio di Troia, su consiglio del centauro Chirone, per curare le ferite subite in battaglia dai suoi soldati. Viene chiamata millefoglie per le sue foglie 2-3 volte pennatosette, cioè che presentano frastagliature a lacinie strettissime.
Le proprietà terapeutiche vennero descritte nel XVI dec. dal medico Castore Durante "Dassi con utilità grande il succo di millefolio a bere negli sputi e vomiti del sangue e in tutte le rotture intrinseche delle vene, come ancora agli antichi flussi dei mestrui. Messa dentro nel naso vi ristagna il flusso del sangue... mettesi con non poco giovamenti ne i clisteri
I fusti dell'Achillea varietà ptarmica (un tempo impiegata come medicinale, ma poco usata ai giorni nostri), forniscono sotto il nome di Che Pou, le 50 bacchette vegetali utilizzate nel metodo divinatorio praticato in Cina da 3000 anni e spiegato minuziosamente nel famoso libro delle mutazioni I-Ching.
Nella campagna, l'Achillea non è usata soltanto per le numerose proprietà medicinali, ma anche per la sua proprietà di conservare il vino (si usa immettere un sacchetto di semi di Achillea nella botte).
Il profumo è blandamente aromatico e leggermente aspro.
I fiori e le foglie di achillea contengono olio essenziale (azulene, camazulene, ß-pinene, cariofillene), flavonoidi, acidi organici (caffeico e salicilico), tannini idrolizzabili, steroli, lattoni, cumarine.
La sua fama è dovuta alla sua azione cicatrizzante e riparatrice tissutale e per questa ragione veniva ed è ancora impiegata per curare lesioni della pelle, ferite e piaghe d'ogni genere.
La pianta è oggi considerata un ottimo rimedio antispasmodico, in quanto aiuta a rilassare la muscolatura liscia, in presenza di dolori mestruali, colite o intestino irritabile accompagnato da crampi addominali; mentre per le proprietà stomachiche, viene usata per favorire la funzionalità digestiva ed epatica.
Inoltre la presenza della flavonoidi (in particolare la vitexina) conferisce alla pianta un'azione riequilibrante del sistema ormonale utile per tutti quei sintomi connessi alla fase premestruale, associati a nervosismo, irritabilità, sbalzi d’umore, debolezza e nella stanchezza.
L'Achillea possiede anche proprietà astringenti, antinfiammatorie ed emostatiche e quindi è in grado di arrestare le emorragie, e vari problemi di sanguinamento dovuti a gengive infiammate, mestruazioni abbondanti o emorroidi; mentre l’achilleina sarebbe in grado di controllare gli sbalzi di pressione e ristabilire la normale circolazione sanguigna.
PER USO INTERNO:
Infuso: 1 cucchiaio di fiori di Achillea, 1 tazza d’acqua - Versare la pianta nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berne 2 tazze al giorno lontano dai pasti. L’infuso e il decotto sono indicati per ragadi, emorroidi, ulcerazioni, diarrea,
Tintura madre di Achillea: 40 gocce in mezzo bicchiere d'acqua, assumere 2 volte al giorno, lontano dai pasti.
USO ESTERNO:
Un’utilizzazione alternativa dell’infuso sono gli impacchi di bellezza; si prepara un infuso di achillea lasciando riposare 10 gr di droga in mezzo litro d’acqua bollente, se ne fanno degli impacchi con pezze di cotone che vengono posti sul viso per eliminare punti neri e combattere l’eccesso sebaceo della pelle.
Infine si può utilizzare l’erba per semicupi ponendone a macerare una bella manciata in acqua fredda per una dozzina di ore e facendo bollire poi per qualche minuto. Dopo aver filtrato si mescola all’acqua del bagno e ci si immerge fino alle reni, per cicatrizzare ragadi o per lenire spasmi addominali.
CONTROINDICAZIONI: sconsigliata per i soggetti che assumono farmaci anticoagulanti a causa delle sue proprietà coagulanti (che potrebbero influenzare l'efficacia del farmaco). Inoltre può determinare reazioni allergiche nei soggetti sensibili alle piante della famiglia delle Astaraceae.
ANGELICA (Angelica archangelica)
E'una pianta della famiglia delle Ombrellifere di grosse dimensioni (può raggiungere l’altezza di 1,5 m) dal fusto glabro, robusto, ramificato, dotato di striature rossastre. Le foglie sono ovate, larghe dentate, verdi e più chiare nella pagina inferiore. I fiori sono bianchi o giallo-verdastri disposti in ombrelle rade alla sommità della pianta. Diffusa in Europa nord-orientale, in Italia è piuttosto rara. Cresce nelle valli di montagna fino a quote anche molto alte, lungo ruscelli e nei luoghi umidi.
Già Dioscoride (I sec. a.C) la sonsigliava per liberare i polmoni dal catarro. Su di lei nacquero leggende ispirate alla sua efficacia terapeutica. Una di queste leggende è legata al suo nome e all’attributo e vuole che a portarla sulla Terra sia stato l’Arcangelo Raffaele, perché fosse consentito agli umani di apprezzarne le virtù miracolose. Raffaele, in lingua ebraica significa “medicina di Dio” e dunque l’Angelica divenuta Arcangelica, può a ragione essere definita “medicina divina”.
Il suo profumo è dolce-amaro, aromatico, ha un'azione antispasmodica, calmante, carminativa, digestiva, tonica, espettorante e antinfiammatoria. Per queste sue proprietà, i suoi estratti trovano impiego per calmare i dolori mestruali e il mal di testa.
All’azione rilassante sull’intestino si combina l’effetto carminativo che facilita la digestione, evitando la formazione di gas intestinali. Se assunta prima dei pasti, stimola l’appetito. Assunta nelle affezioni da raffreddamento scioglie e facilita l’espulsione del catarro per la sua proprietà corroborante, cioè capace di scaldare il corpo.
CONTROINDICAZIONI:
Evitare in gravidanza e allattamento, esposizione alla luce solare.
GELSOMINO
Questa pianta rampicante dal profumo inebriante ha anche diverse qualità che possono tornare utili al nostro corpo. La pianta è di facile coltivazione, cresce addirittura spontanea in Sicilia e resiste anche alle basse temperature, fino a -5 gradi non ha bisogno di venire coperta, ama il sole ma non sopporta il vento.
Ci sono molte specie di Gelsomino, e fioriscono in diversi periodi, alcune anche in inverno, ma la maggior parte fiorisce dall’inizio della primavera ad autunno inoltrato.
I fiori di questa pianta hanno svariate proprietà, infatti vengono usati come sedativo, agiscono sull’attività celebrale e psichica, rendono il carattere più fermo e costruttivo, antidepressivo, afrodisiaco, rilassante, sedativo, cicatrizzante, antispastico e tonico uterino. Infatti il profumo di Gelsomino si dice sia euforizzante e stimoli direttamente l’ipotalamo a produrre l’enkefalina, una sostanza che inibisce il dolore e procura uno stato di benessere e di felicità. Viene anche usato per facilitare il parto e nei casi di confusione mentale e shock.
ll Gelsomino bianco significa amabilità e sensualità, mentre il Gelsomino giallo è segno di felicità e si regala dopo una notte d’amore.
La notte in cui il Bambino nacque a Betlemme, nevicava e faceva un freddo terribile. Il Divino Fanciullo si era addormentato di un sonno soave.Ad un tratto, una raffica di vento impetuoso investì la capanna e la porta mal connessa, si spalancò
d’improvviso. Una folata d’arai gelida e di neve entrò nella stalla… subito San Giuseppe corse a richiudere la porta. Ma un fiocco di neve si era posato sulla fronte del Bambino Gesù.
Temendo che Egli si destasse la Madonna si chinò su di lui e, con un dolce bacio, tolse dalla fronte il bianco fiocco.
Miracolo! Esso non si disciolse al calore delle labbra ma si trasformò in un piccolo fiore dal profumo intenso e dai petali candidi.
Il Gelsomino era sbocciato dal bacio della Madonna sulla fronte del Bambino Gesù. M. Tibaldi
Per fare in casa un Oleolito di Gelsomino, da spalmare sulla pelle secca, riempire un vaso di vetro o ceramica con i fiori bianchi appena raccolti, facendo attenzione che non si ossidino e diventino scuri. poi vanno pressati leggermente e ricoperti di olio vegetale, meglio un olio leggero come olio di girasole o di vinacciolo.
Mettere fino a coprire interamente i fiori e chiudete bene. Lasciare macerare per un paio di settimane, magari aggiungendo dei fiori nuovi ogni tanto e togliendone un po’ di quelli vecchi. Finito il tempo di macerazione filtrare l’olio schiacciando bene i fiori attraverso un colino a trama fine. l’olio va conservato al buio e ben chiuso, meglio al fresco facendo attenzione che non diventi rancido. Usato sulla pelle le donerà morbidezza e una profumazione inebriante.
Per fare uno Sciroppo per la tosse che può essere anche allungato per farne delle bevande dissetanti. In una pentola far bollire 4 parti di acqua e 3 di zucchero in modo da avere uno sciroppo, lasciare raffreddare e unite 3 parti di fiori di Gelsomino appena raccolti, prima che si scuriscano, far cuocere per almeno mezz’ora a fuoco basso, senza mai far bollire, spegnere e lasciare riposare per una notte. Al mattino filtrare bene il tutto e spremere i fiori attraverso un filtro di garza. Conservare in un vasetto chiuso e in frigo.
Famoso è anche il Tè al Gelsomino, diffuso in Cina già migliaia di anni fa. La tecnica di produzione consiste nell’aggiungere al tè già essiccato dei boccioli di Gelsomino freschi durante la notte, così che ne assorba l’aroma. Il processo deve essere ripetuto diverse volte, in seguito il tè deve essere essiccato nuovamente per rimuovere l’umidità raccolta dai boccioli freschi, i quali si possono togliere o lasciare per conferire un aspetto particolare. Questo tè è buono così, senza dolcificanti, latte o limone.