Posizione della testa e risposte d’ansia si influenzano a vicenda
Questi sono i risultati di una ricerca in cui abbiamo voluto verificare l’impatto concreto, in due situazioni quotidiane che ci riguardano tutti (o quasi), di come si influenzano a vicenda corpo e mente. Si tratta di un tema per noi importante, alla base di molte tecniche che utilizziamo, quindi ci teniamo molto ad essere sicuri dell’esattezza dei meccanismi su cui si basano e dell’efficacia della tecnica stessa.
Abbiamo valutato se il nostro stato emotivo può influenzare la postura che abbiamo a letto o mentre guidiamo l’automobile e se, viceversa, queste posture posso avere effetti sulle nostre risposte emotive.
Il meccanismo alla base dello spostamento della testa
Il punto di partenza riguarda un fenomeno ormai ben noto e dimostrato: gli stati di paura, ansia, angoscia e stress, alterano la nostra respirazione e questo, per un fenomeno biomeccanico che vedremo tra poco, sposta la posizione della nostra testa. Per comprendere questo fenomeno bisogna considerare che il nostro sistema limbico, quando intercetta un pericolo, attiva in pochi millisecondi una respirazione più ampia del normale, per farci avere più ossigeno nei muscoli per combattere o scappare (è un riflesso che abbiamo ereditato dai mammiferi). Per farlo amplifica la respirazione diaframmatica (nota anche come “di pancia” per il movimento che crea ad ogni respiro spostando i nostri organi digestivi avanti e indietro) e innesca anche quella toracica. Qui sorgono una serie di complicazioni.
La prima riguarda il fatto che la maggior parte delle persone respira già quasi solo con la respirazione toracica (che in fisiologia dovrebbe essere minima) e usa poco o nulla quella diaframmatica (che invece dovrebbe essere quella primaria). Questo succede per questioni culturali – “petto in fuori, pancia in dentro!” è lo slogan estetico che ci guida dall’adolescenza in avanti – ma anche per questioni di abbigliamento (pensate ai tacchi per le signore) e di postura scorretta nello studio e nel lavoro. Un’altra causa di questa respirazione non fisiologica si trova spesso nei mancati tempi di recupero: gli altri mammiferi, che condividono con noi il processo respiratorio, dopo un evento stressante hanno il tempo per riposarsi e permettere al sistema corpo-mente di tornare in fisiologia; noi umani spesso viviamo un evento stressante via l’altro, ad esempio passando dal traffico in auto, alla riunione dove dobbiamo presentare un lavoro per poi dover gestire una telefonata emotivamente stressante. In queste condizioni tutto il nostro organismo non ha i tempi di recupero necessari e avviene un fenomeno che abbiamo chiamato Innalzamento di Soglia (è un fenomeno complesso, qui ci basti sapere che il corpo smette di sentire i segnali di fastidio e disagio meno intensi, ma questo crea problemi nel medio-lungo periodo). In questo Innalzamento di Soglia succede anche che il diaframma, muscolo fondamentale per una respirazione corretta, si irrigidisce e accorcia. Questo non solo peggiora la nostra respirazione, ma per la forma particolare di questo muscolo, che ricorda una campana, e per i suoi punti di innesto sulla struttura scheletrica, porta ad aumentare le curve delle lordosi cervicale e lombare.
Questo meccanismo ci porta a girare in su la testa, come se volessimo guardare qualcosa in alto ma, visto che spesso dobbiamo guardare qualcosa dritto davanti a noi o anche un po’ più in basso (volti di persone, monitor di computer, libri, cellulari, ecc.) alcuni dei nostri muscoli, per come sono posizionati e per la loro forza specifica, invece di ruotare la testa e riposizionarla correttamente, la sposteranno in avanti (creando un effetto che ricorda, in modo meno esagerato, il collo e la testa della tartaruga). Ci possono essere anche altri fattori che concorrono a questa posizione avanzata della testa, in questo articolo non ci interessa approfondirli, ma ci basti sapere che il meccanismo che abbiamo descritto, anche da solo, ha un impatto molto forte sulla maggior parte delle persone.
L’esperimento
Ora che abbiamo compreso la meccanica che lega la respirazione che avviene quando proviamo paura, ansia o stress e il movimento in avanti della testa, possiamo capire il senso del nostro esperimento. Secondo molti approcci fisiologici e antropologici la postura di profilo di una persona in fisiologia prevede che la nuca (intesa come retro della testa) si trovi sulla stessa linea da cui passano le scapole e l’osso sacro. Ci sono due condizioni di vita in cui questo allineamento è facilmente verificabile: sdraiati sul letto in posizione supina (pancia in alto) e quando si è seduti in automobile. Ovviamente ci sono un paio di accorgimenti da considerare, ad esempio che il materasso sia abbastanza rigido e che la posizione dello schienale dell’auto sia in posizione corretta.
Nella nostra ricerca, ci spiega Fabio Sinibaldi – uno dei fondatori di Real Way of Life e responsabile delle ricerca applicata – abbiamo voluto verificare se un lavoro sulle emozioni poteva influire sulla postura e, viceversa, se mettendo la postura in condizioni più fisiologiche le risposte emotive miglioravano.
Per farlo abbiamo preso tre gruppi di persone:
- Il primo gruppo ha seguito un training emotivo base con esercizi e indicazioni pratiche da applicare per 15 minuti totali al giorno.
- Il secondo gruppo ha seguito ha avuto indicazioni sulla gestione della postura rispetto all’emozioni e indicazioni sulla respirazione (prese da un’altra fase del Protocollo) entrambe da applicare 5 volte al giorno per 3 minuti.
- Il terzo gruppo, di controllo, non avrebbe fatto nulla.
I training duravano tre settimane.
Di ogni gruppo sono stati monitorati all’inizio, ogni settimana e alla fine, i seguenti aspetti:
- Altezza del cuscino con cui si era comodi a stare sdraiati a letto supini (a ogni persona venivano dati 4 cuscini che, a testa appoggiata, la alzavano rispettivamente di 1, 2, 4, 6 cm, ma potevano anche non usarlo se desideravano)
- Seduti in modo per loro confortevole in automobile la distanza in cm della testa dal poggiatesta
- Battito cardiaco
- Cortisolo salivare
- Grado di ansietà istantanea al momento della rilevazione tramite questionario self-report
- Grado di ansietà di base tramite questionario self-report
Risultati
Gruppo 1 – Training Emotivo
- Riduzione media di 2.8 cm a letto e 3.2 in auto
- Riduzione media del battito cardiaco del 13%
- Riduzione media del cortisolo salivare del 19%
- Riduzione media del grado di ansietà istantanea percepita del 38%
- Riduzione media del grado di ansietà di base percepita del 57%
Gruppo 2 – Training Corporeo
- Riduzione media di 3.6 cm a letto e 4.8 in auto
- Riduzione media del battito cardiaco del 19%
- Riduzione media del cortisolo salivare del 20%
- Riduzione media del grado di ansietà istantanea percepita del 31%
- Riduzione media del grado di ansietà di base percepita del 32%
Gruppo 2 – Training Corporeo
Parametri senza variazioni significative, solo una leggere tendenza a diminuire di tutti i parametri (e in particolare una riduzione media del cuscino di 0,5 cm) dovuta probabilmente a una maggior autopercezione autoconsapevolezza portata dal solo fatto di essere coinvolti nell’esperimento.
Conclusioni
Questa ricerca ha confermato la validità di entrambi gli approcci: dalla emozioni al corpo e, viceversa, dal corpo alle emozioni. In particolare è possibile osservare che, seppure con buoni risultati entrambe le modalità, si riscontra una coerenza d’azione: l’intervento sul corpo ha effetti più ampi su postura e battito cardiaco, mentre quello sulle emozioni ha maggior effetto sul benessere percepito. Il cortisolo salivare viene influenzato in modo simile.
Un altro aspetto importante da valutare riguarda l’efficaciaconsiderati i tempi ristretti del training: in entrambi i casi la pratica richiedeva complessivamente 15 minuti al giorno per 3 settimane. I risultati sono stati visibili già alla prima settimana, ma sono diventati significativi al terzo rilievo. Un follow-up a 3 mesi di distanza ha rilevato un mantenimento dei benefici mediamente tra il 60 e l’85% dei risultati ottenuti.
Un ultimo aspetto di rilievo, che non era stato considerato inizialmente in questo studio ma che ci è stato riportato da molti partecipanti, riguarda l’autopercezione di maggior sicurezza personale e di miglior comfort nelle relazioni interpersonali. In effetti se andiamo a vedere la postura di persone sicure di sé la testa delle persone più sicuri di sé e delle proprie risorse è sempre collocata ben dritta sopra le spalle, mentre la testa in avanti appare subito evidente come indicatore di dubbiosità e insicurezza, come si vede bene nell’immagine qui sopra tratta da Fight Club, pienamente coerente con i personaggi del film.